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Emilia-Romagna

Andrea Accorsi e Monica Barchetti tentano il record nella 6 giorni di corsa

Appuntamento sul lago Balaton, in Ungheria, dal 4 al 10 maggio. "Uno sport che approfondisce il rapporto con l'io"

 

di Vittorio Martone


BOLOGNA - Sei giorni di corsa, per stabilire la migliore prestazione italiana e superare i record di 754 km (per gli uomini) e 562,33 km (per le donne) percorsi in quasi una settimana. È questo l'obiettivo dei bolognesi Andrea Accorsi e Monica Barchetti in vista della partecipazione alla 6 Giorni Running, iniziativa in programma dal 4 al 10 maggio sulle sponde del lago Balaton in Ungheria. Per comprendere meglio il mondo dell'ultramaratona e le motivazioni che spingono i due atleti Uisp e Fidal abbiamo intervisto Andrea Accorsi, noto anche per aver fatto da accompagnatore al corridore ipovedente Christian Sighel in una 100 km (impresa che gli valse il premio Fair Play del Coni).

Andrea, qual è il motivo di questo tentativo?
"Sia io che Monica abbiamo preso confidenza negli ultimi anni con il mondo dell'ultramaratona, dalle corse di 100 km fino alla 24 ore. Dopo 3 anni di pratica sulla 24 ore, in cui abbiamo ottenuto qualche buon risultato, abbiamo voluto misurarci su qualcosa di diverso, spinti anche dall'amicizia di persone che praticano stabilmente questa attività".

Come si disputa una corsa di sei giorni e quali strategie si adottano per sostenere la fatica?
"Si corre o cammina in un circuito di un chilometro, in questo caso ricavato nel parco attorno al lago Balaton, chiuso e transennato. A meno di abbandono, l'uscita dal circuito è consentita solo dopo 6 giorni. Un chip elettronico inserito nella scarpa di ogni atleta calcola a ogni giro il chilometraggio complessivo coperto. Un punto ristoro è attivo 24 ore al giorno e accanto al circuito ogni atleta ha un proprio bungalow in cui andare a dormire. Le fasi di corsa sono gestite liberamente da ogni atleta: noi pensiamo di correre e camminare per 18 ore al giorno e di riposare per 6: quattro nella notte, l'altra in due fasi di un'ora".

Qual è stato il tuo percorso di avvicinamento al podismo?
"Da ragazzino ho praticato atletica leggera dai 9 ai 12 anni: facevo velocità ma ero veramente scarso. Poi mi sono dato al pallone e ho scelto il ruolo che comportava meno corsa possibile: quello del portiere. Il mio riferimento era il giaguaro Castellini, anche se lui volava e io invece rimbalzavo. Poi mi sono fatto male e mi sono allontanato dalla pratica sportiva. A 33 anni pesavo 90 kg, fumavo molto e forse a causa del troppo stress lavorativo ho avuto un aneurisma cerebrale. Dopo diverse ore di coma mi sono risvegliato senza memoria, condizione in cui sono rimasto per due anni. Poi la mia vita è cambiata. Per rimettermi in sesto ho iniziato a corricchiare, per massimo 5-10 minuti al termine dei quali ero sfinito. Mai avrei pensato di correre poi a un certo livello e, addirittura, togliermi qualche soddisfazione. È una cosa arrivata progressivamente senza che quasi me ne accorgessi".

Il tuo interesse per la corsa la riguarda nelle sue più disparate accezioni. Come gestisci il tuo equilibrio rispetto a impegni differenti?
"Il motore è sempre l'idea di un'esperienza interiore. L'ultramaratona è un genere di corsa lento, che ti permette di rimanere molto tempo con te stesso. Così ho scoperto lati di me, debolezze e paure, che difficilmente sarei riuscito a scoprire in altro modo. Ogni esperienza mi ha arricchito: accompagnare un non vedente, misurarmi con i 100 km, entrare nella nazionale. Io vivo lo sport che faccio proprio in termini di arricchimento: non è una ricerca di spostamento in avanti del limite verso l'estremo. È un percorso per capire se c'è qualcosa di interiore da tirare ancora fuori".

Quante persone associa il movimento dell'ultramaratona?
"Nella federazione italiana siamo intorno ai 10 mila praticanti. Si tratta di un movimento cresciuto tantissimo visto che pochi anni fa eravamo circa 400. Poi bisogna calcolare tutti quelli che magari fanno attività senza tesserarsi Questa crescita, anche a livello mondiale, è segnata anche dall'ipotesi (poi slittata) di inserimento dell'ultramaratona come sport sperimentale a Londra 2011. So poi che a livello Uisp in Emilia-Romagna ci sono numerosi gruppi che partecipano alle ultramaratone e che il territorio regionale è molto fertile. A noi fa piacere pensare di aver magari contribuito un po' ad aiutare il movimento ad essere più conosciuto".

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